L’emergenza sanitaria del 2020 e 2021 ha messo in luce la debolezza della medicina territoriale che, pur se negata da circa un decennio, si è evidenziata con grande preoccupazione della nazione italiana tutta.
Il problema territorio
Era infatti noto, anche se sottaciuto da amministratori e media compiacenti, che le cause sono molteplici, stratificate e da ricercare anche tra i gestori. Sono, infatti, di tipo gestionale, burocratico, politico, ma anche epidemiologiche e sanitarie.
Burocratizzazione, perdita di competenze, isolamento operativo, eccessiva sindacalizzazione, medicina difensiva e ridotta empatia di fronte ad una utenza sempre più anziana, esigente ed afflitta da problemi prevalentemente cronici ha indirizzato i cittadini ad una visione sanitaria “ospedalocentrica” rendendo evidenti i problemi anche nell’area ospedaliera. Abbiamo così assistito ai ben noti pronto soccorso perennemente intasati da file interminabili, ricoveri impropri, fenomeni di violenza. Ciò ha portato di conseguenza a fenomeni di insofferenza e di burn-out nei sanitari ospedalieri che, con scarsi incentivi economici e rischi sempre maggiori, hanno cercato vie alternative meno rischiose e più remunerative. Nel mezzo i cittadini che hanno vissuto un decadimento delle cure e della possibilità di accedervi. Nonostante la diffusa sofferenza di tutti, i costi della spesa sanitaria sono lievitati senza raggiungere la soddisfazione sia dei cittadini che dei gestori della sanità. Un panorama alquanto preoccupante che ha portato certa politica ad invocare, con facile demagogia, il semplice incremento della spesa sanitaria.
La cura
Ma la soluzione era ben diversa: occorreva intervenire profondamente nei modelli gestionali alla ricerca di una medicina personalizzata, più organizzata e competente. Più vicina ai cittadini i quali, da parte loro, dovrebbero partecipare attivamente con comportamenti sia di prevenzione che di cura consapevole ed attiva. E’ un cambio di paradigma: non più “ospedalocentrico”, ma di integrazione ospedale-territorio. Dove “un nuovo territorio” previene e tratta la maggior parte delle malattie e riserva agli ospedali, dialoganti con esso, i casi acuti e particolarmente complessi. Si sono quindi cercati modelli gestionali innovativi che potessero agire da filtro efficiente agli ospedali ridistribuendo l’impegno sanitario e garantendo una migliore soddisfazione ed efficienza dei servizi socio-sanitari.
L’occasione è nata dal PNNR nella missione-6 concretizzatasi nel DM 77/22 che ha definito l’architettura del nuovo progetto d’intervento. Una delle soluzioni più semplici, innovative ed adeguate allo sviluppo tecnologico della nostra società era comunque già nota da tempo e consisteva nell’adozione del fascicolo sanitario elettronico punto unico di condivisione e aggregazione delle informazioni rilevanti e di tutti i documenti sanitari e socio-sanitari generati dai vari attori del SSN e dei servizi socio-sanitari regionali. Un cassetto dove dovrebbe essere riposta tutta la nostra documentazione sanitaria, ma anche uno strumento per il controllo, la gestione e programmazione di una sanità quanto più personalizzata possibile ed aderente ai bisogni dei cittadini. Per la sua adozione si sono sprecati fiumi di parole ed inchiostro. Le prime linee guida nazionali risalgono, infatti, al 10-02-11 (Conferenza Stato – Regioni, ministro F. Fazio) e già dal 2012 in successione i Governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi si sarebbero prefissati l’obiettivo di attivarlo.
Ma dobbiamo arrivare alle ultime Linee guida (GU Serie Generale n.160 del 11-07-2022) ed al DECRETO del 7 settembre 2023 (FSE 2.0) affinchè, a seguito del DM 77/22, si sia potuto cominciare a vederne l’attivazione pur se a macchia di leopardo. Il problema è legato alla volontà politico-sindacale di coloro i quali dovrebbero alimentarlo condizionata da interventi economici.
Cosa prevede la nuova medicina del territorio
Le strutture funzionali ed organizzative di seguito illustrate sono alla base del nuovo modello volto anche ad evitare ricoveri impropri e dovrebbero essere tradotte in pratica entro il 2026.
- Ospedali di Comunità
Strutture sanitarie con 20 posti letto che offrono assistenza sanitaria a bassa intensità assistenziale finalizzati sia alla presa in carico dei pazienti con patologie croniche o fragilità. - Case della Comunità
Strutture aperte 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, che offrono servizi sanitari e socio-sanitari di prossimità alla popolazione che dovranno realizzarsi ogni 40-50mila abitanti, cioè almeno 1.350 a livello nazionale. - Centrale Operativa 116117
Numero Europeo Armonizzato – NEA per le cure mediche non urgenti: è il servizio telefonico gratuito a disposizione di tutta la popolazione, 24 ore al giorno tutti i giorni, da contattare per ogni esigenza sanitaria e sociosanitaria a bassa intensità assistenziale. - Centrali Operative Territoriali (COT)
Strutture – delle quali è prevista la realizzazione di almeno 600 unità – che svolgono una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti al fine di assicurare continuità, accessibilità ed integrazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria. Servono a garantire l’accesso ai servizi sanitari in modo tempestivo e appropriato, ridurre i tempi di attesa e migliorare la qualità dei servizi sanitari offerti ai pazienti. - Unità di Continuità Assistenziale (UCA)
Una ogni 100.000 abitanti, sono costituite da un’équipe sanitaria mobile distrettuale in grado di garantire l’assistenza medica domiciliare e la temporanea presa in carico di pazienti o comunità, in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità, che non possono recarsi presso gli ambulatori medici. - Assistenza Domiciliare Integrata (ADI)
È un servizio sanitario già presente in passato, ma spesso sottodimensionato in termini di risorse umane. L’ADI dovrà garantire l’assistenza domiciliare integrata a pazienti che necessitano di cure mediche ed infermieristiche caratterizzate da un livello di intensità e complessità assistenziale variabile nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza
- Rete delle cure Palliative
È costituita da servizi e strutture in grado di garantire la presa in carico globale dell’assistito e del suo nucleo familiare, in ambito ospedaliero, con l’attività di consulenza nelle U.O., ambulatoriale, domiciliare e in hospice. Le cure palliative sono rivolte a malati di qualunque età e non sono prerogativa della fase terminale della malattia in quanto possono affiancarsi alle cure attive fin dalle fasi precoci della malattia cronico-degenerativa, controllare i sintomi durante le diverse evoluzioni della malattia, prevenendo o attenuando gli effetti del declino funzionale
Per tale organizzazione è anche prevista una nuova figura professionale già presente in altre nazioni: l’infermiere di Famiglia e Comunità (IFC). Si tratta di una figura professionale che assicurerà l’assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità. Sarà previsto uno ogni 3.000 abitanti e dovrà divenire la figura di riferimento dei processi infermieristici in ambito familiare e di comunità. Sarà portatore di conoscenze e competenze specialistiche nelle cure primarie e sanità pubblica e dovrà possedere delle competenze digitali che consentano di utilizzare al meglio i sistemi e i dispositivi messi a disposizione dall’organizzazione per garantire la miglior efficienza nello scambio delle informazioni tra tutti i soggetti coinvolti nel processo di cura.
Come già detto elementi fondamentali per la realizzazione del nuovo progetto di assistenza saranno la piena attuazione del fascicolo Sanitario Elettronico e la telemedicina. Quest’ultima con finalità preventive diagnostiche terapeutiche e riabilitative. Sono previsti, nell’ambito del telecontrollo e teleconsulto: televisita, teleconsulenza medico-sanitaria, teleassistenza, telemonitoraggio.
Questa organizzazione non sarà possibile se, come già detto, non prevederà anche la partecipazione dei pazienti con un nuovo ruolo di advocacy ovvero di quel processo civile con cui i cittadini cercano di dare appoggio ad una politica socio-sanitaria, economica e legislativa volta ad influenzare la distribuzione delle risorse umane e monetarie presenti. In questo quadro, infatti, il Decreto Ministeriale riconosce un ruolo fondamentale alle associazioni dei pazienti, che saranno coinvolte nei processi decisionali e di controllo nel campo delle Case della Comunità. Essi dovranno infatti co-progettare i servizi, partecipare alla programmazione e seguire la realizzazione, monitorando anche le attività promosse. Una novità che offre opportunità mai avute in precedenza, ma carica anche di responsabilità per i rappresentanti dei pazienti.
Problemi in corso d’opera:
Soprattutto i tempi legati alla realizzazione/riconversione degli edifici ed il reperimento di qualificate risorse umane. In atto, ad esempio, è presente una diatriba sulla posizione giuridica contrattuale dei medici di famiglia che il Ministero preferirebbe a regime contrattuale di dipendenza. Fnomceo, Smi e Fimmg, Cgil ed ENPAM sono contrari, favorevole Fp Cgil Medici di Medicina Generale. Pensiamo, comunque, che alla fine si arriverà ad un compromesso poiché già nell’ultimo contratto di convenzione con il SSN, firmato nel 2024, c’erano gli strumenti per definire la partecipazione oraria dei medici di famiglia nelle Case della salute.
Anche se, come sempre a tutti i livelli amministrativi, salari differenziati ed incentivi meritocratici sarebbero la soluzione per creare maggiore efficienza.
Un percorso nuovo che dovrà necessariamente essere attivato dagli attori sanitari ed amministrativi, ma che dovrà essere anche conosciuto dai cittadini. E’ per questo motivo che sarà fondamentale una buona comunicazione a tutti i livelli, ma anche la realizzazione di corsi e di Interventi mass-mediatici per diffondere il nuovo messaggio e creare la nuova figura del paziente e del caregiver informato. Compito, quest’ultimo, che dovrà essere svolto da istituzioni ed associazioni qualificate e non dalla consultazione spesso fallace della Rete.
di Guido Francesco Guida