Ormai ci siamo, siamo a Natale, ed è tempo di Babbo Natale. Di quell’uomo canuto con la barba bianca, spesso accompagnato dalle renne, che annuncia il suo arrivo suonando campane e campanelli. Allegro e sorridente porta doni a bambini e grandi magari ponendoli sotto l’albero in attesa di essere distribuiti tra l’allegria e la gioia di tutti. Un rito un po’ pagano che convive con i nostri presepi rappresentazione della Natività. Un esempio di grande simpatia e di improvviso ritorno ai tempi della nostra fanciullezza.
Sembra come se fosse sempre esistito! Ma così non è…
Tutte le versioni del Babbo Natale moderno, chiamato Santa Claus nei paesi anglofoni, derivano principalmente dallo stesso personaggio storico: san Nicola (280-circa 350 d. C.), vescovo di Myra (oggi Demre, città situata nell’odierna Turchia). Un uomo dalle grandi risorse umane e spirituali di cui, per esempio, si racconta che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti ed uccisi da un oste, e che per questo era considerato il protettore dei bimbi. L’appellativo Santa Claus deriva invece da Sinterklaas, nome olandese di san Nicola. Ed anche qui il Babbo Natale, meglio Santa Kalus, è un personaggio, un uomo che viene dalla terra del sole di mezzanotte dove la luce dura quasi 24 ore. Leggende, fantasie? Invero, tornando al nostro personaggio, la storia ci insegna che furono i Newyorkesi a definirne l’aspetto, la gestualità ed il linguaggio attraverso i quali è conosciuto in tutto il mondo. E fu Washington Irving, il grande scrittore Newyorkese, il suo primo biografo. americano. Egli, infatti, con lo pseudonimo di Diedrick Nickerbocker, lo descrisse nel suo primo grande libro del 1809 “A History of New-York from the Beginning of the World to the End of the Dutch Dynasty”, una satira della storia locale e della politica contemporanea. San Nicola, infatti, secondo la storia narrata nel libro, arrivò a New York sulla nave olandese Goede Vrouw e, sempre nel libro, si presentava con un carro trainato da un cavallo con “un ampio cappello, dei calzoncini ed una pipa che terminava alla fine di una curva”. In effetti era la caricatura del vescovo di Mira che nel medioevo era notissimo, leggermente meno popolare della Vergine e suo Figlio. Ma la storia continua … ed il personaggio fu ulteriormente ripreso e, questa volta, accostato alla sua attuale presentazione con una slitta trainata da una renna nel 1822 quando il Dr. Clement Clarke Moore scrisse un poema natalizio per ragazzi. Negli anni successivi la renna trovò compagnia formando un team di ben 8 renne. Le canzoni Jingle Bells https://m.youtube.com/watch?v=NJ8U6TEO-qE di James Pierpont del 1857 e quella di Gene Autry (1949) “Here comes Santa Claus” https://m.youtube.com/watch?v=8do4_RIDkCs che vedono e ci fanno sentire un sempre festante e gioioso Santa Klaus hanno fatto il resto. Cantate e registrate da numerosi artisti, tra cui Louis Armstrong, i Beatles, Frank Sinatra, Luciano Pavarotti hanno dato musica e melodia al personaggio. Che piace a tutti; grandi e piccini.
Anche se Babbo Natale, da alcuni anni divenuto un mezzo di promozione ed invito al consumismo, a guardarlo bene, non è certo un esempio di buona salute. Obeso, con la sigaretta o pipa in mano dà l’impressione di avere certamente assaporato gran parte di quei dolciumi che porta in saccoccia. Ma come si fa a colpevolizzarlo! È così carino e generoso e ci da tanta spensieratezza ed allegria.Qualcuno vorrebbe farci credere che non esiste come si tenta di fare con la “cancel culture” o come è accaduto in questi giorni nel vicentino, con grande tristezza e delusione dei ragazzi, in una scuola elementare. Ma poi rileggiamo il “Canto di Natale” di Dickens ed alla fine insieme a Scrooge, prima avaro ed egoista, capiamo che il miglior modo per affrontare e superare i mali sociali, è proprio la rinascita morale dell’individuo che passa anche dal nostro vecchio Babbo Natale. Ed allora, ad essere sinceri, anche noi vorremmo essere come lui, almeno per Natale!
Guido Francesco Guida
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