Anche “Il Coraggio vince”, secondo libro del generale Roberto Vannacci, non passa inosservato. Noi lo abbiamo letto. Si tratta di un volume autobiografico che narra, con assoluta confidenza e sincerità, la sua storia, la propria esperienza di vita e della sua famiglia per così svelarci, come sono maturate le osservazioni socio politiche esplicitate nel primo libro “Il mondo al Contrario”. Un volume, quest’ultimo, balzato, alcuni mesi fa, in cima alle vendite nazionali e che tanto scalpore ha suscitato. Apprezzato da tanti, aspramente criticato dal mainstream e dai sostenitori di quella visione politica che, per circa quarant’anni, ha governato l’Italia cercando di egemonizzare i costumi e le idee.
Anche questa volta si tratta di un libro “al contrario” che ci racconta un’esperienza in cui si riconoscono molti di coloro i quali si sono impegnati, hanno studiato e lavorato cercando di raggiungere, anche con fortune alterne, gli obiettivi che si erano prefissati da giovani. Il tutto nel rispetto di ideali e valori che i propri genitori avevano loro inculcato sapendo che nella vita nulla ti è dato “gratuitamente” e che studi, competenza, lavoro e posizione sociale sono il frutto di sacrifici e rinunce.
Ma tornando al nostro Vannacci leggendo le sue pagine di vita ci accorgiamo di una vita straordinaria non inquinata dai cambiamenti ideologici imposti alla nostra società in questi ultimi decenni. Una esperienza di vita vissuta sempre al limite dell’impegno con caparbietà e coraggio. Sempre presente, da militare, al giuramento fatto, ma anche a stesso e alla sua famiglia. Animato da senso del dovere, spirito di sacrificio e voglia di progredire.
Una vita da incursore, sfrontato ed irriverente verso il pericolo, in quanto sa che “se una cosa è impossibile un incursore può farla” e non importa se venga fatta in Somalia, Yemen, Bosnia, l’Iraq o Afganistan. Tutti Paesi in cui Vannacci si è speso con coraggio ed impegno portando a casa esperienze che lo hanno maturato nelle proprie convinzioni e valori.
E, nella trama del suo libro, Vannacci, da abile interprete della nostra società, alterna episodi legati alla storia della sua vita a quelli del mondo della comunicazione. Popolato da giornali spesso parolai, partigiani e sensazionalistici votati ad una rappresentanza di casta. Talk show televisivi dove le interviste nascono e si muovono sulla battuta, sull’applauso estemporaneo, spesso su una rappresentazione fatua. Avulsa dalla vita reale fatta di rischi e conflitti veri. Protagonisti ed antagonisti da “infotainment” che ormai animano le nostre serate spesso dandoci l’illusione che tutto possa essere dileggiato e disprezzato basandosi sui mutevoli umori dell’opinione pubblica, del sondaggio o degli interessi più o meno nascosti di quella o questa organizzazione. Sì perché ormai l’uomo, la Nazione contano poco, sono le “organizzazioni europee” ed internazionali che, allineate al “pensiero progressista”, debbono indicarci la strada. Le parole d’ordine sono: eco green, diritti ed accoglienza indiscriminata, riscaldamento globale, resilienza, migrazione ineluttabile dei corpi e delle identità. Non che alcune osservazioni non siano vere, ma quando vengono travisate ed utilizzate a fini ideologici perdono purtroppo anche le basi iniziali ed allora andrebbero riviste, storicizzate e contestualizzate per contribuire ad una vera crescita della società.
In altre parole una vita descritta nel libro che ha fatto del merito la propria bandiera. Ma in Italia, dal ’68 esiste una crociata contro il merito. Contro l’art. 36 della Costituzione italiana ”I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi” mentre al contrario hanno prevalso il familismo sociale e politico che hanno innescato quel circolo vizioso del demerito che, ammantato da buonismo, inclusione ed accoglienza incondizionata ci ha fatto perdere produttività e ricchezza economica e morale a favore di clientelismo e debito pubblico e sociale. questo sì un vero fardello per chi verrà dopo!
Infatti contro i libri di Vannacci hanno subito alzato la voce i soliti noti radical chic poiché sarebbero espressione di mancanza di profondità, di una scrittura piuttosto elementare con un’epica familiare stucchevole, di stili di vita archiviati anzi socialmente sanzionabili, espressione di cose denigrabili tipiche del conservatorismo identitario, di nazionalismo. Espressione di quei valori abbandonati dalla società forse anche perché responsabili ed onerosi e, conseguentemente, tacciati di essere retrogradi ed incompatibili con pretestuosi diritti umani. Il tutto mentre i soliti lanzichenecchi scendono in piazza invocando libertà di protesta, ma pretendono di non far parlare gli altri. Contro le forze dell’ordine che di fronte alla violenza fisica dovrebbero chinare il capo altrimenti vanno etichettati come servi del regime.
E noi italiani? Noi che, a seguito di tutta una serie di concessioni e norme volute in questi ultimi 30/40 anni dai nostri governi, abbiamo abdicato alla nostra storia, al nostro passato non avremmo più alcun valore, saremmo uno sfacelo se non ci avessero salvato e dettato i nuovi comandamenti da rispettare. Nel nostro supremo interesse. E nessuno è autorizzato a contrariare il percorso “salvifico”, anzi sarebbe un sacrilegio metterlo in dubbio! Ci hanno salvato o vorrebbero salvarci dal collasso economico, dal riscaldamento o dalla glaciazione globale, dagli autocrati, dal COVID-19 e da tutte le epidemie a venire. Il tutto attraverso ideologie politiche fallimentari ripetutamente bocciate dalla storia in quanto gabbie per la mente e lo spirito sia dei singoli che delle collettività in un’Italia dove i propri cittadini, campioni di resilienza, dovrebbero essere ridotti alla obbedienza, per divenire terra di passaggio e di doverosa accoglienza, senza nulla chiedere e pretendere.
In questi ultimi giorni abbiamo appreso che il generale Vannacci si candiderà alle elezioni europee come indipendente nelle file della Lega. E’ la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’informazione consapevole è partita a razzo per denigrarlo. Non ultime le frasi travisate sulle classi differenziate per i disabili in base alle loro capacità. Il generale ha poi chiarito dicendo che intendeva con la sua osservazione fornire maggiore supporto sia ai diversamente abili che ai supposti normali che spesso si adagiano nella confusione totale.
La scuola non è una associazione di mutuo soccorso , ma dovrebbe tornare, come succede nelle altre nazioni occidentali, ad insegnare cultura e competenze ed a foggiare talenti per competere con gli altri, a crescere ed a dare il proprio contributo soprattutto ai propri concittadini. senza mai dimenticare il bisogno, la sofferenza e la solidarietà. Ed il merito dovrebbe essere il vero ascensore sociale garantito indipendentemente dalla propria estrazione sociale. La cosiddetta inclusione senza impegno e merito è una parola vuota. Una parola che abbassa l’asticella della competenza e del coraggio. Occorre cambiare una scuola che purtroppo sforna spesso analfabeti di ritorno con livelli qualitativi ridicoli e che si basa esclusivamente sui numeri e sulla facilitazione degli studi. Occorre invece più impegno e meccanismi strutturali volti a sostenere economicamente i ragazzi capaci e meritevoli soprattutto dei ceti popolari e svantaggiati. Questa è la vera prospettiva se si vuole tornare ad essere protagonisti e competitivi nel mondo. Invidia sociale e vittimismo vanno sostituiti dall’impegno e dal coraggio che trasformano la competizione in collaborazione e l’invidia in ammirazione. E una società libera ha bisogno di persone capaci e meritevoli per crescere ed attenuare i condizionamenti dell’origine sociale.
Questo il percorso che dai libri di Vannacci prende corpo per una vera matura politica identitaria e, certamente, abbastanza controcorrente.
Coraggio generale continui con il suo impegno a fare l’incursore anche in Europa. Ce n’è tanto bisogno!
di Guido Francesco Guida